
Morbegno è un paesino lungo la strada che collega Milano a Bormio (ok, la sto prendendo parecchio larga). È uno di quei paesini dove raramente ci si ferma, a meno di non avere una fame da lupi. In quel caso, ci si può affidare alle insegne più o meno vistose lungo la statale 38 dello Stelvio. Oppure, alla magia della rete, che riesce a farci scoprire piccoli tesori nascosti, mentre siamo alla ricerca spasmodica di un buon piatto di pizzoccheri.
È così che abbiamo conosciuto la Teresa.
Lei gestisce, insieme al marito e a un altro socio, l’Osteria del Crotto. Si occupa della sala mentre i due uomini spignattano con classe. Il menu è quello che tutti coloro che amano mangiare vorrebbero vedere: pochi piatti. Scelti e curati. Traboccanti di prodotti di stagione.
Teresa ci racconta che la sua esperienza era di natura molto più amministrativa. In seguito alla chiusura repentina della sua azienda, si è unita al duo men-only e ha iniziato a lavorare all’Osteria, prima dando una mano e poi cercando di lasciare la sua impronta. E lo fa davvero. per esempio fermandosi a raccontarci quanta cura mettono nella scelta degli ingredienti. Da tanti anni il ristorante è segnalato tra le Osterie d’Italia di Slow Food. È uno dei 19 ristoranti selezionati in Lombardia. Ci spiega che Crotto è il nome per quei “tunnel” che portando aria a 10° dal ventre della montagna in inverno come in estate e rappresentava una sorta di frigorifero ai tempi dei nostri avi. L’osteria del Crotto sorge proprio lì, accanto a questo condotto di aria condizionata naturale.
Ha piovuto poco, di recente. Ecco che le erbe selvatiche che faranno parte dei piatti quanto prima, non sono ancora abbastanza grandi. Le raccoglie Teresa, nei boschi tra casa sua e il ristorante. E controlla ogni giorno.
Nel loro menù la bresaola si chiama brisaola, come nella tradizione. La comprano da MA Officina Gastronomica dello chef Stefano Masanti ed è di una bontà sublime. I pizzoccheri sono fatti con la farina di castagne, perché col grano saraceno hanno scelto di preparare le crespelle. Contaminazione tra piatti e tradizioni. Tra sapori e profumi. Tra ingredienti di una volta e fantasia di oggi.
Quello che ci colpisce di più, però, è quando chiediamo il caffè. La Teresa ci dice “d’accordo, metto su la moka”.
La moka?
All’Osteria del Crotto, si fa il caffè con la moka, come lo facevano le nostre nonne.
Il profumo è quello che pervade l’aria, a partire dalla miscela, non sigillata in capsule. Il rumore è il gorgoglìo della catteffiera grgrgrgr, invece della macchina automatica che ormai abbiamo tutti: meeeeeeee.
Non c’è la schiumetta sopra. Non è come al bar.
È buono perché la caffettiera è stata usata tanto. È buono perché profuma delle cucine di quando eravamo piccoli. Di quando le cappe aspiravano meno e ci si svegliava la domenica mattina al profumo di quel caffè.
La mia amica Laura, al primo anno di università, mi aveva detto che la caffettiera non va svuotata tra un caffè e l’altro. Io no lo so se saprò rinunciare alla comoda presenza invisibile di George Clooney nella mia cucina. Ma so per certo che brisaola, pizzoccheri e caffè della Teresa mi hanno colpito dritto al cuore.
Se questo articolo vi è piaciuto, perché non curiosate tra le altre storie di persone e di luoghi in giro per l’Italia?