
Sono stato a mangiare un hamburger vegano. Sembra un ossimoro, invece è buonissimo. No, il gusto non è lo stesso, del resto anche il pesto e il ragù non si assomigliano troppo. E li adoro entrambi.
Il posto si chiama Flower Burger, è in Via Vigevano, dietro ai Navigli, a Milano.
Il ragazzo che ci serve al banco era solo. Ci spiega i diversi tipi di panino, noi lo riempiamo di domande e si forma un po’ di coda. Quella per cui noi milanesi adottivi non nutriamo alcuna pazienza – perfettamente omologati con i milanesi veri. Uh, non mi sono accorto. La coda adesso è più lunga. Sorry.
Però…
Però…
Mi scappa tremendamente la pipì. Tipo che se non la faccio entro due secondi muoio di sicuro. Non sono neanche in grado di ordinare cosa voglio bere: cosa lo faccio a fare, se intanto muoio?
Allora procedo con la domanda classica: dov’è il bagno?
Il ragazzo mi dice: in fondo a destra. Aspetta che vado a controllare che sia in ordine.
ASPETTA CHE VADO A CONTROLLARE CHE SIA IN ORDINE.
Deve essersi sicuramente sbagliato. Non mi è mai successo in ness
un ristorante. In nessun fast food. Neanche alla Rinascente.
Torna sorridente. Ora puoi andare.
E io penso che se avessi un bar, questo ragazzo lo assumerei subito. Perché non ha solo seguito le procedure e le regole. Si è preso cura del proprio posto di lavoro e della persona che aveva davanti. Possiamo chiamarlo utente, visitatore, ospite, avventore, pubblico, spettatore, cliente.
Nessuno di questi sostantivi conta, se non ci mettiamo testa e cuore. E Lysoform.
Aldilà dei bagni pu-li-tis-si-mi, da Flower Burger sono specialisti:
+ nell’auto-produrre le salsine
+ nel pane nero al carbone vegetale (che mannaggia a me, non ho fotografato)
+ nella simpatia – la loro mail è smile@flowerburger.it.
+ nell’acqua, che aiuta a finanziare progetti belli e buoni
+ nel coraggio: il fondatore è un under 30.
Eh già, bisognerebbe proprio farci un salto.