
È pur vero che i Backstreet Boys cantavano “I don’t care who you are, where you’re from, what you did as long as you love me”. Ma noi sappiamo perfettamente che non è vero. Ci credevamo giusto giusto a 17 anni.
L’amore ha bisogno di conoscenza per radicarsi. E le radici hanno bisogno di amore per crescere. I bimbi non sufficientemente amati ne portano i segni per tutta la vita. E quelli che amano i propri nonni e i propri genitori, da grandi, hanno perennemente la paura di perderli. Come se a quelle radici, di colpo, mancasse la terra.
Ci sentiamo così giovani da avere tutta la vita davanti e così fragili di fronte al poter perdere tutto. Chissà a che età si smette di considerarsi orfani una volta che si è perso un genitore?
Un abbraccio non si può conservare. Un racconto sì. Un disegno pure.
E allora per questo weekend di gelo, invece di condividere un altro racconto sull’Australia, mi sento di condividere con voi quanto un consiglio che mi è stato dato 15 anni fa sia stato fondamentale per conservare un pezzetto di me.
Perché in ogni viaggio penso a Dorothy che torna dal Kansas dicendo “Nessun posto è bello come casa mia”.
E MaxGuide è questo. Persone, luoghi e storie.
(Ri)scoprire le radici – La mia storia
Nel 2003 stavo scrivendo la tesi di laurea. Mi rifugiai insieme a mia nonna per un po’ di giorni in montagna, nella mio amato Trarego Viggiona. Per chi non lo conosce, potrebbe essere un paesino come tanti. Chi ci è stato almeno una volta, ci ha lasciato senza dubbio un po’ di cuore.
Un ventricolo, va.
È lì che iniziai, davanti a un foglio bianco, a raccogliere tutta la memoria possibile e le connessioni di parentela della nostra famiglia. Iniziai a creare un albero genealogico. Il mio.
Dopo una prima bozza, passai a intervistare altri parenti, per raccogliere più informazioni. E mi accorsi che le date, non dicono niente, senza essere accompagnate dalle storie. Così passai a raccogliere anche quelle. Partendo dagli eventi dell’albero (nascite, matrimoni, innamoramenti, luoghi, decessi) e surfando la voglia di raccontarsi del resto del parentado. Talvolta tanta, talvolta poca.
Oggi ho una collezione di video, file audio, appunti e… un albero con 228 persone, che per alcuni rami parte dal 1600. Dopo Cristo, eh!
Non è mai troppo presto per iniziare il proprio albero genealogico
Comprate i pasticcini. O un cartone di latte di soia, se è cominciata la dieta post-feste. Andate a trovare mamma, nonno o zia. A tradimento, davanti al camino o al tavolo del tinello, solenni e risoluti pronunciate “ti andrebbe di aiutarmi a fare l’albero genealogico?”. La risposta spesso è simile a “Oh Signur! Ora?”.
E quando sennò?
Foglio bianco, penna, cellulare per memo vocali o video. Chiedete di poter registrare, oppure no. Sembra poco corretto ma consente una certa naturalezza nel racconto a

Più che un albero genealogico, il mio è una matassa…
nche per i più timidi.
Iniziate da voi. La vostra data di nascita, di battesimo, di cresima… Tutte le tappe che possono aiutarvi. E poi su di un livello. Mamma, papà. Zii. Nonni. Bisnonni. Pro-bis-ziii.
Popolate il vostro albero con:
– nomi e cognomi
– date di nascita, matrimoni e decessi e qualsiasi altra possa essere rilevante
– aggiungete innamoramenti, eventi straordinari interni alla famiglia e anche esterni (alluvioni, traslochi, vacanze)
– soprattutto non dimenticate di prendere nota dei luoghi precisi legati a ogni data che raccogliete. Sono quelli che vi consentiranno di proseguire la vostra ricerca quando sarete in un vicolo cieco.
Non basterà questo weekend a fare i miracoli. Ma iniziare a indagare il vostro albero genealogico sarà un regalo bellissimo per voi stessi, per chi è più grande di voi e soprattutto per i vostri bimbi, nipotini, fratelli e sorelle. Magari non durante l’età della ribellione, ma al momento giusto.
Ogni bel viaggio comincia con noi.
E continua ritrovandoci, riscoprendoci, allargando gli orizzonti.
O le radici.